Parole in gioco by Stefano Bartezzaghi

Parole in gioco by Stefano Bartezzaghi

autore:Stefano Bartezzaghi
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
Tags: Language Arts & Disciplines, Linguistics, Social Science, General, Anthropology, Literary Criticism, Cultural & Social, Semiotics & Theory
ISBN: 9788845282362
editore: Bompiani
pubblicato: 2017-04-25T22:00:00+00:00


5.2. Il caso Scialoja

1 Il sógno segréto

2 Dei còrvi di Orviéto2

3 È méttere a mòrte

4 I còrvi di Òrte.

(Toti Scialoja)

La quartina è una delle più famose poesie-filastrocca di Toti Scialoja (1914-1998). È stata resa pubblica nel 1976 e quindi appartiene a una delle fasi centrali della sua produzione (che si fa cominciare nel 1961).

I versi sono senari, con andamento dattilico.

Gli accenti, gravi e acuti, cadono su “e” e “o” secondo questa alternanza

_ ó _ _ é _

_ ò _ _ é _

_ é _ _ ò _

_ ò _ _ ò _

Dopo il primo verso, ogni fonema è destinato a ritornare almeno per una volta (a eccezione della “a” del terzo verso, hapax legomenon di tutta la quartina, come “l”, “g” e “gn”). Qui compaiono solo diciassette dei trentuno fonemi della lingua italiana, quattro dei quali per una sola volta.

Accettando l’estensione, operata da Paolo Valesio, della categoria di allitterazione a tutti i casi di ripetizione di fonemi, è macroscopica la tessitura di due sequenze allitterative, che ritornano o linearmente o per anagramma:

segRETO / oRviETO / mETTERE a / mORTE / ORTE

cORVI / ORVIeto / mORte / cORVI / ORte

Le due sequenze sono incatenate sintagmaticamente per il loro alternarsi nel verso e paradigmaticamente dalla ricorrenza del diolo OR.

A rendere ancora più fitta la rete di parallelismi concorrono infine le allitterazioni (in senso stretto): Sogno Segreto (con il ritorno, “all’occhio”, anche di “g”); Mettere a Morte, nei versi dispari, e il parallelismo Corvi-Orvieto / Corvi-Orte nei versi pari.

Non c’è termine accentato del componimento che non entri in più relazioni di similarità, a parte il “sogno” dell’incipit che partecipa alla sola allitterazione con “segreto” (oltre che all’assonanza in “o”). In particolare, i “protagonisti” della poesia sono investiti dalle relazioni più ricche: Corvi, Orvieto, morte, Orte.

Il caso particolare di “morte / Orte” è una rima inclusiva (o a eco) analoga a quella “like / Ike” analizzata da Jakobson: “immagine paronomastica d’un sentimento che inviluppa totalmente il suo oggetto”.

Le due coppie di versi 1-2 e 3-4 sono legate da rima baciata (nel primo caso -éto / -éto); i versi 2-4 mostrano invece un perfetto parallelismo sintattico (“dei corvi di Orvieto” / “i corvi di Orte”).

Dal punto di vista semantico, infine, si nota come il carattere umano conferito agli animali (come è tipico nella tradizione favolistica) è rafforzato dalla polarizzazione Orvieto / Orte che allude all’altrettanto tradizionale campanilismo italiano, oltre ad approfittare di una certa generale disposizione al comico dei toponimi (argomento quest’ultimo a cui qui si accenna solo, ma che meriterebbe approfondimenti).

Nei quattro senari è in atto un vertiginoso gioco di specchi fonologici, che avvicina il componimento a filastrocche della tradizione popolare, del genere:

Apelle, figlio di Apollo

Fece una palla di pelle di pollo.

Tutti i pesci vennero a galla

Per vedere la palla di pelle di pollo

Fatta da Apelle, figlio di Apollo.

C’è però una differenza. In Scialoja abbiamo una rete di ripetizioni anagrammatiche da cui i versi sembrano scaturire quasi necessariamente, continuando a ripetere, en bricolage, gli stessi pochi elementi. Nella filastrocca di Apelle opera una dissimilazione,



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